Cenni storici su Drapia e sulle frazioni di Brattirò e Gasponi
Drapia condivide la sua origine, come tutto il comprensorio del resto, con l’incantevole città di Tropea, la capitale indiscussa del turismo Calabrese, la splendida perla del tirreno sorta sul mitologico corno di Amaltea.
Pertanto Drapia, come gran parte dei villaggi vicini, sorse nel periodo tardoantico come abitato inserito all’interno della cosiddetta Massa Trapeiana (da cui anche il nome Drapia). Tale massa, una delle tre che formavano il patrimonio dei Santi Pietro e Paolo in territorio brettio, era costituita da un insieme di fattorie, era abitata da contadini, servi e coloni, ed era condotta da un livellare (affituario) che, per conto del Papa, riscuoteva le rendite delle terre stesse. Questa massa nel periodo bizantino si evolse in una vera e propria città e andò a costituire la città e i villaggi intorno a Tropea. Da questo momento in poi Tropea e il suo territorio saranno legati indissolubilmente, legame che non si è mai spezzato e che perdura sin oggi.
Nei secoli seguenti le sorti di Drapia e di tutto il comprensorio sono legate quindi alla perla del tirreno e le vicende di quest’ultima sono connesse a quelle del regno di Sicilia prima e di Napoli poi, senza cambiamenti, tranne qualche eccezione, per ciò che concerne l’asseto amministrativo. Un vero e proprio cambiamento di paradigma culturale e istituzionale si ebbe invece nel XIX secolo, nel periodo francese: quest’ultimo momento segna uno spartiacque tra il “prima e il poi”, Drapia infatti fu scisso amministrativamente dalla città tirrenica e fu a costituito come entità territoriale autonoma.
Nel 1806 Drapia diviene comune autonomo inserito all’interno del circondario di Tropea e ne Nel 1807 viene retrocesso a frazione del comune di Spilinga. Dal 1811 inizia quindi un nuovo percorso che ha visto crescere in autonomia, dal punto di vista civile e culturale, il piccolo comune calabro e le sue frazioni e che lo ha portato a vivere i problemi oramai endemici del sud d’Italia, quali lo spopolamento dovuto all’emigrazione e il calo delle natalità, con una ricetta sua propria legata all’industria del turismo.
Gasponi
A 5 km da Tropea, sorge, a ridosso di una lussureggiante collina, il pittoresco paese di Gasponi.
La sicura origine bizantina dell’agglomerato urbano è avvalorata dallo stesso nome del paese, il quale è senza dubbio un antroponimo (cioè prende il nome da una famiglia eponima): Oἳ Xὰσπoνες (oi Chàspones), cioè della famiglia Xὰσπα (Chàspa).
Probabilmente il primo nucleo di abitanti del paese sorse nel periodo tardoantico come agglomerato inserito all’interno della cosiddetta Massa Trapeiana che, durante il primo medioevo bizantino, si evolse in vera e propria città, andando a costituire la città – diocesi di Tropea che, proprio in questo periodo, andava a costituire un avamposto fortificato (Kastron) all’interno del quale risiedevano il vescovo e l’amministratore civile del territorio e, in caso di pericolo, la popolazione che abitava nei territori limitrofi e traeva sostentamento dalla terra.
Nel periodo in questione, per difendere il suo territorio dalle continue invasioni saracene, Gasponi disponeva di tre torri:
Nel ‘5oo Gasponi faceva parte dei 23 Casali di Tropea ed era un centro agricolo dove abbondava la produzione dell’olio.
Il ‘7oo fu, in grandi linee, un periodo di benessere per Gasponi con abbondante produzione di verdura, cereali, ulivi e frutta d’ogni genere. Vi si coltivava il lino e le piante di cotone ed era praticata la produzione ed il commercio della seta.
Vi era abbondanza d’acqua che veniva utilizzata per l’irrigazione dei campi e che andando verso valle, alimentava alcuni mulini. Vi era, inoltre, una fonte che forniva ottima acqua in quantità. Molti nobili di Tropea erano soliti risiedere in questo villaggio.
Nel 1806 Gasponi diviene comune autonomo inserito all’interno del circondario di Tropea, nel 1807 diviene frazione del comune di Spilinga e dal 1811 entrò a far parte del Comune di Drapia, insieme alle frazioni di Caria, Barbalaconi e Lampazoni.
In questo periodo, l’attività prevalente era l’agricoltura e se anche nella nostra zona vi era un relativo benessere, le condizioni di vita non si possono ritenere certo migliori che altrove. A ciò si aggiunse l’unità d’Italia con tutte le sue conseguenze, dal brigantaggio che diruppe violentemente, all’emigrazione causata dalle cattive condizioni in cui si era costretti a vivere.
Il secolo XX fu un periodo di sconvolgimento radicale sin dagli inizi. Infatti, in seguito al terremoto dell’8 settembre 1905 e del 28 dicembre 1908, che distrusse gran parte dell’abitato di Gasponi, molti abitanti rimasero senza tetto. Per essi si costruirono circa cento baracche ed essendo la chiesa parrocchiale gravemente danneggiata in quegli anni fece da chiesa una baracca di legno. Il regio decreto (convertito poi in legge) stabiliva, fra gli altri articoli, che la costruzione per l’ampliamento dell’abitato doveva essere fatta nella contrada S. Angelo. Nel 1914 il Genio Civile dava inizio alla pratica dello spostamento per disposizione del Ministero Direz. Gen. dei servizi speciali. Successivamente per l’opposizione della popolazione, il progetto fu abbandonato e l’ampliamento si fece vicino al vecchio centro abitato.
Brattirò
Con molta probabilità anche Brattirò affonda la sua origine nel periodo a ridosso tra la fine del tardo antico e l’inizio del medioevo quando, come detto sopra, il territorio del promontorio ipponate faceva parte del patrimonio che la Chiesa di Roma aveva avuto probabilmente in donazione dopo l’editto di Milano del 313.
Nel periodo bizantino questo piccolo agglomerato divenne un vero e proprio villaggio nell’ambito del Kastron di Tropea, con la quale seguì le vicende e le dominazioni. Durante il periodo aragonese, alla pacifica popolazione del posto, che viveva di pastorizia e agricoltura, si unì verso il 1300 una schiera di briganti assoldati dagli stessi aragonesi per combattere gli angioini. I suddetti briganti, distrutta Aramoni, centro abitato sul Poro (a qualche chilometro da torre Galli), si spinsero nei villaggi circostanti saccheggiandoli senza pietà. Molte suppliche furono fatte a re Carlo V affinché intervenisse contro quell’orda. Finalmente, nel 1303, il re ordinò che tutti i valichi del Poro fossero presidiati e che tutti i Rumbuli (il nome dei briganti) fossero annientati. Un solo bambino scampato al massacro e allevato a Brattirò divenne il progenitore dei diversi rami dei Rombolà, ancora esistenti nella Regione.
Nel ‘5oo Brattirò faceva parte dei 23 Casali dipendenti da Tropea. Visse periodi di ostentata floridezza, ma spesso fu sottoposta alla crisi economica conseguenza di vari fattori sia sociali che ambientali.
Nel XIX secolo il territorio circostante era ricco d’ogni genere di frutti, di cereali, legumi, vigneti, oliveti e piantagioni di gelso. Si produceva molto vino, olio, mais, ciliegie, mandorle. Tra gli abitanti molti svolgevano il lavoro di mulattieri o d’asinai, portando a Tropea legna da vendere. Inoltre abbondava il cotone che cresceva spontaneamente. Molti nobili di Tropea per vigilare sui loro possedimenti e per stare lontani dal rumore della Città spesso risiedevano in questo villaggio.
Nel 1806 Brattirò diviene comune autonomo inserito all’interno del circondario di Tropea, nel 1807 diviene frazione del comune di Ricadi e dal 1815 entrò a far parte del Comune di Drapia, insieme alle frazioni di Caria e Gasponi.
Caria
Il primo agglomerato urbano sorse probabilmente nel periodo bizantino con il nome di Caria, prendendo, come ci dice il Barrio, la denominazione dall’omonima valle su cui si innalzava. Inizialmente il paese non era situato dov’è attualmente, ma era un po’ distante verso la località denominata “Vaji”. Intorno al 1660, a causa dell’alta franosità del terreno, l’intera valle venne inghiottita dalla fiumara Ruffa. Tutto andò perduto: la Chiesa Parrocchiale, la torre della famiglia Galluppi, palazzi, case e molti edifici. L’attuale paese fu costruito, in seguito, ai piedi del monte detto “Cafaro”.
Nel 1677, dopo la costruzione del nuovo paese, veniva edificata anche la nuova Chiesa Parrocchiale.
Il XVIII secolo fu a grandi linee, un’epoca di benessere. In questo periodo a Caria si produceva molto frumento, olio, lino, legumi, mais in quantità. Vi erano abbondanti alberi di fichi e ciliegi. Caria, inoltre, era rinomata per l’aria salubre, molto indicata per la convalescenza degli ammalati.
In questo villaggio risiedevano, in alcuni periodi dell’anno, molte famiglie benestanti di Tropea, di solito, per controllare i propri possedimenti.
Caria è stato uno dei 23 Casali dipendenti da Tropea. Nel 1806 divenne comune autonomo del circondario di Tropea, nel 1807 venne aggregato al Comune di Spilinga, al quale era collegato da un ponte (andato distrutto) e dall’11 maggio 1811 entrò a far parte del comune di Drapia. In questo periodo, la popolazione viveva d’agricoltura e se anche c’era un certo benessere le condizioni di vita non erano migliori che altrove.
Anche Caria ebbe i suoi briganti, tra loro si ricorda Antonio Speranza, che si rifiutò di presentare servizio militare al nuovo esercito e altri che furono veri e propri fuorilegge.
I due tremendi terremoti, già citati, sconvolsero l’abitato, distruggendo diverse case e danneggiando gravemente la chiesa parrocchiale.