In località Sant’Angelo sorge la settecentesca chiesa dedicata a San Michele Arcangelo che in passato faceva parte di un monastero tra i più antichi della Calabria. Non si sa di preciso quando esso fu eretto, ma certo era di origini antichissime. Sorto inizialmente col nome di Sant’Arcangelo, in questo primo periodo doveva essere una fondazione prebenedettina. L’antico monastero traeva in affitto una piccola terra di proprietà della Chiesa Romana e facente parte della Massa tropeana che nel 400 d. C. era guidata da Irene “conductrix” (conduttrice) e probabilmente da suo marito. Il notaio Pietro ed un certo numero di diaconi e suddiaconi o “difensores” avevano il compito di amministrare le tenute di questi luoghi avendo anche potere sulle persone che le ricevevano in affitto. A Capo del Patrimonium Sancti Petri et Pauli il Papa generalmente inviava da Roma un proprio fiduciario che risiedeva a Reggio, un rector o defensores, normalmente un suddiacono, che aveva il compito di gestire il patrimonio pontificio con l’obbligo di rendicontare l’andamento finanziario annuale. Il rector a sua volta affidava ogni singola massa ad un conductores massis ecclesiae, un livellare o affittuario (una sorta di appaltatore) che, per conto del Papa, riscuoteva le rendite delle terre stesse che erano affittate ai singoli, rustici ecclesiae o coloni, cioè contadini o servi agricoli che affittavano e lavoravano le diverse frazioni in cui la massa era suddivisa e che, oltre al canone annuo che doveva essere corrisposto da ogni singolo fondo al conductor, erano tenuti anche alla la prestazione della burdatìo, la contribuzione fiscale che i coloni erano obbligati a versare direttamente al fisco centrale in tre rate. Nel 591 il papa Gregorio Magno scriveva al notaio Pietro e gli ordinava di diminuire il canone annuale ai monaci del Monastero di Sant’Arcangelo che pagavano per l’affitto della tenuta suddetta. Nel 596 fu egumeno Massimiano (nativo di Tropea). Nel corso dell’VIII secolo il monastero divenne greco e assunse il titolo di Sant’Angiolo. Nell’anno 1265 era egumeno Ioannicchio. Nel 1300 fu visitato da Barnaba da Corsara e nel 1477 Atanasio Calcepilo, Vescovo di Gerace, lo trovò in cattive condizioni. Nel 1324 era egumeno Cipriano a cui successe nel 1350 Nicodemus Fazzali. I monaci italo – greci occuparono il cenobio fino al XV secolo, dopo di che fu dato in commenda. Per tutto il 1600 l’edificio si conservò nelle condizioni originali. Nei primi anni del 1700 vi furono alcuni restauri ordinati dal Vescovo di Tropea il quale fece anche costruire, annessa alla chiesa, una casa estiva per sé e per il seminario.
Per quanto riguarda il monastero, gli avanzi tardo-romanici si conservarono fino al 1955, epoca in cui fu costruita la nuova Villa Felice.
L’attuale chiesa di San Michele Arcangelo presenta una pianta a croce greca con cupola di origine bizantina, affiancata da due campanili di singolare effetto orientaleggiante. All’interno possiamo trovare pregevoli opere quali una tela raffigurante l’Arcangelo San Michele di Nicola Menzele da Napoli (XVIII sec.); la base dell’altare e una mensola finemente intarsiate risalenti al ‘7oo (periodo del restauro).
Dal monastero proviene un “enkolpion” a forma di croce fusa in bronzo trovata durante la costruzione della nuova Villa Felice quando, nel gettare un vecchio muro, si trovarono due ossari ed in uno di questi tra i poveri resti umani ormai ridotti a frammenti si recuperò anche la croce di bronzo. Si tratta del lato anteriore di una crocetta pettorale eseguita in fusione con figura a bassorilievo raffigurante il Crocifisso. Nel complesso il lavoro appare rozzo nella fattura e dovrebbe risalire al 600-700. Attualmente è conservata nel tesoro della Concattedrale di Tropea.